Come funziona il Bonus Prima Casa in caso di comunione dei beni tra due coniugi? Lo svela l’Agenzia delle Entrate, partendo da un caso specifico e illustrando la relativa ordinanza della Cassazione.
Prima di esaminare nel merito la vicenda processuale, occorre premettere che il beneficio fiscale in esame è subordinato al rilascio di determinate dichiarazioni che riguardano:
• la non titolarità, esclusiva o in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione su altre case situate nello stesso Comune in cui si trova l’immobile da acquistare (lettera “b” della citata nota);
• la non titolarità, neppure per quote, sull’intero territorio nazionale dei diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione, nuda proprietà, su altre case di abitazione acquistate con le agevolazioni “prima casa” (lettera “c” della citata nota).
Il legislatore, pertanto, ha subordinato il beneficio fiscale al rilascio di determinate dichiarazioni da parte del soggetto acquirente. L’agevolazione si concretizza:
• in caso di operazioni soggette ad imposta di registro, nell’applicazione dell’aliquota ridotta del 2% in luogo dell’aliquota ordinaria del 9%
• in caso di acquisto soggetto ad iva nell’applicazione dell’aliquota ridotta del 4% in luogo dell’aliquota ordinaria del 10%.
Il caso di specie ha riguardato un atto di assegnazione di alloggio da parte di una cooperativa edilizia in favore di due coniugi in comunione legale dei beni. Questo regime patrimoniale, disciplinato dagli articoli 159 e seguenti del codice civile, si caratterizza dal fatto che ricadono in comunione legale, salvo alcune eccezioni, “…gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente…” (articolo 177 cc). Pertanto, l’acquisto compiuto da un solo coniuge in regime di comunione legale, anche avente ad oggetto beni immobili, è idoneo a far acquistare la proprietà del bene ad entrambi i coniugi.
Nel caso di specie, l’atto di assegnazione dell’immobile da parte della cooperativa era stato sottoscritto, quale parte acquirente, solo da uno dei coniugi, il quale aveva chiesto l’applicazione dell’agevolazione “prima casa” in relazione all’intero acquisto e, quindi, anche per la quota di spettanza del coniuge non intervenuto in atto. Trattandosi di un atto soggetto ad iva, la cooperatrice cedente ha applicato l’Iva in misura agevolata (corrispondente al 4%) sull’intero corrispettivo pattuito.
In sede di controllo delle agevolazioni, l’ufficio ha notificato un avviso di liquidazione ritenendo che l’agevolazione in esame non poteva essere riconosciuta in capo al coniuge che, non essendo intervenuto in atto, non aveva reso le dichiarazioni “prima casa” sopra evidenziate. Il beneficio è stato invece riconosciuto limitatamente alla quota di competenza del coniuge che aveva sottoscritto l’atto di assegnazione.
La parte ha impugnato l’avviso di revoca delle agevolazioni evidenziando che, per effetto del citato articolo 177 cc, l’acquisto compiuto da un solo coniuge in regime di comunione legale dei beni si estende automaticamente all’altro coniuge. Sia la Ctp di Siracusa, con sentenza n. 1283 del 23 marzo 2015, che la Ctr della Sicilia, con decisione n. 7067 del 2 agosto 2021, hanno accolto l’istanza di parte.
Bonus Prima Casa: come s’è espressa la Corte di Cassazione?
La Corte di cassazione, a seguito del ricorso presentato dall’Agenzia delle entrate, ha richiamato il proprio orientamento, espresso con la sentenza n. 1988/2015 e con l’ordinanza n. 14326/2018 e, dopo aver ribadito le necessità che, ai fini del godimento delle agevolazioni, siano rese le dichiarazioni richieste dalla legge, ha affermato che “…la circostanza che l’acquisto si attui per effetto del regime della comunione legale non costituisce, in assenza di specifiche disposizioni in tal senso, eccezione alla regola anzidetta”.
La revoca pro quota delle agevolazioni “prima casa”, quindi, è stata ritenuta legittima, affermando che “…nel caso d’acquisto di un fabbricato con richiesta delle agevolazioni prima casa, da parte di un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni le dichiarazioni prescritte dalla legge debbano riguardare non solo il coniuge intervenuto nell’atto ma, anche, quello non intervenuto e debbano essere necessariamente rese da quest’ultimo”.
Per completezza, è opportuno sottolineare che, in linea ai principi espressi dalla Corte di cassazione con le richiamate pronunce, l’Amministrazione finanziaria si era già espressa con la circolare n. 38/2005, con la quale, nell’evidenziare la distinzione tra gli aspetti civilistici e quelli fiscali legati ad un acquisto immobiliare, si era affermato che:
“Si ricorda, altresì, che:
• ai fini civilistici non sussiste la necessità che entrambi i coniugi intervengano nell'atto di trasferimento della casa di abitazione per acquisirne la comproprietà, in quanto il coacquisto si realizza automaticamente ex lege;
• ai fini fiscali, invece, per ottenere l'agevolazione c.d. "prima casa" sull'intero immobile trasferito viene espressamente previsto che entrambi i coniugi devono rendere le dichiarazioni previste alla lettera b) (assenza di altri diritti reali vantati su immobili ubicati nello stesso comune) e c) (novità nel godimento dell'agevolazione) della nota II-bis del Testo Unico Registro".